Fuga dal comunismo: Una riflessione con Black the Fall. #clubcultura #videogiochi

ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili

(Dal vangelo secondo Luca, 1:52)

Un videogioco è solo divertimento? Non può essere cultura “alta”, con contenuti educativi e perfino spirituali? Per smentire questo luogo comune, proseguiamo la nostra serie di consigli videoludici per unire il didattico al dilettevole.

Nel dicembre del 1989, il comunismo in Romania finì con una grande sollevazione popolare e uno schianto improvviso: il 16 cominciavano le manifestazioni e il giorno di Natale, dettaglio ulteriormente tragico e quasi simbolico, Ceausescu veniva fucilato. Agli storici il compito di studiare cosa sia successo in quei pochi giorni e perché; a chi vuole farne un’esperienza come dire meno libresca, si offre una interessante alternativa.

Black the Fall, uscito nel 2017, è un videogioco di genere “piattaforma”, quei giochi in cui il protagonista deve continuamente spostarsi da un ambiente all’altro risolvendo dei puzzle (es. per aprire quella porta mi serve quell’oggetto, che sta su quella piattaforma, che posso avvicinare azionando quella leva, che…); sono giochi che richiedono una costante combinazione di buoni riflessi, pronta intuizione, ferreo ragionamento. Ginnastica per il cervello. Nel nostro caso, l’ambiente da cui vuole spostarsi il protagonista ha una identità chiaramente riconoscibile:

Lenin diceva che il comunismo è i soviet più l’elettrificazione del paese. In questa versione videoludica, la Romania falce e martello è andata ben oltre l’elettrificazione: ci sono giganteschi robot (“mecha” in gergo nerd) che polverizzano all’istante qualsiasi “nemico del popolo”; ci sono telecamere rosse onnipresenti che monitorano quasi tutto, e noi dovremo scivolare tra gli interstizi di quel quasi; ci sono migliaia di biciclette su cui gli operai devono pedalare ininterrottamente per sostenere la suddetta elettrificazione del paese:

questa cosa l’avevo già vista in un episodio di Black Mirror

Il gioco inizia appunto quando il protagonista decide improvvisamente di non voler più pedalare e scende dalla bicicletta. Comincia dunque una fuga perigliosa: nella prima parte dell’evasione dovremo cercare la via d’uscita dalla fabbrica, sgusciando da sotto il naso dei giganteschi sorveglianti (N.B. tutti gli operai sono scheletrici, tutti i sorveglianti sono ben panciuti, plastica rappresentazione dell’uguaglianza comunista…); se i molossi ci vedono, urleranno a gran voce “SPAT!”, vocabolo rumeno traducibile “Falcia/Distruggi!”,  provocando la nostra immediata fucilazione:

da destra verso sinistra: Marx, Lenin, Stalin, Gheorghe Gheorghiu-Dej (precedente segretario del Partito Rumeno dei Lavoratori prima di Ceausescu)

Oppure dovremo arrampicarci sulle gru mentre il popolo è distratto dall’indottrinamento obbligatorio:

Tavaras(Compagni), dovete imparare quando è necessario applaudire…

…e quando è necessario fischiare (come nei Due Minuti d’Odio orwelliani)

E potremo anche svelare qualche verità nascosta:

Cioè… tutti quei documentari in cui si vede il paradiso in terra edificato dal socialismo reale… è solo propaganda girata in un set? Incredibile, chi l’avrebbe mai sospettato.

A un certo punto il protagonista, passando attraverso una fogna come nella migliore tradizione di evasione, riesce infine ad uscire dalla fabbrica e vedere il bellissimo cielo azzurro… cioè, in realtà è un cielo plumbeo e inquinato, ma è comunque il cielo.

Le ali della libertà!

Tuttavia siamo solo a metà del gioco, perché adesso diventa ancora più difficile. Non bastava uscire dalla prigione perché tutto lo Stato è una gigantesca prigione, con fili spinati, città in rovina, cave, mura, ciminiere, altiforni, navi piene di cadaveri, mecha e super-mecha:

non voltarti… non voltarti…

Questa seconda parte è la più interessante e riuscita. Anzitutto perché il protagonista nel corso della sua peregrinazione incontra un fedelissimo cane robotico che diventa il suo indispensabile compagno d’avventura per scappare assieme, una cosa che ormai è un topos videoludico (chi ha giocato Portal ricorderà con affetto il Cubo da Compagnia). Poi perché i puzzle da risolvere diventano ancora più complicati, e in alcuni punti la sfida per l’intelletto è molto appagante. Infine perché gli sviluppatori rumeni hanno inserito dei veri e propri omaggi alla loro patria, riproducendo luoghi ed eventi reali, come spiegato nel sito del gioco:

http://www.blackthefall.com/news/btf-irl

Sì che l’impressione di “stare nella storia” diventa davvero percepibile. Per esempio, il protagonista raggiunge una chiesa di cui è in corso la demolizione, ma al cui interno resistono ancora dei fedeli in preghiera:

Fido, aspetta qui un momento, io faccio una pausa per pregare la Theotókos

E al riguardo gli autori scrivono:

«Sebbene la Chiesa Cattolica fosse duramente perseguitata dal regime (chiese demolite, preti imprigionati e torturati), la Chiesa Ortodossa fu una solida alleata dello Stato e molti pope erano agenti della Securitate. C’è ancora nel paese una visione romantica di come il comunismo abbia perseguitato la Chiesa in Romania, ma c’è anche la dura realtà delle soffiate. Molte confessioni andavano direttamente negli archivi della Securitate, in un sistema che era praticamente l’antenato di quello che oggi sono i cookies di internet. Perciò abbiamo nascosto una stanza segreta sotto la chiesa, e chi riesce a raggiungerla ottiene un achievement nel gioco.»

N.B. gli “achievement” nel gergo videoludico sono dei trofei che un giocatore ottiene per aver completato degli obiettivi particolari, ad esempio aver scoperto un “segreto” ovvero zone nascoste e trovabili solo con molta attenzione. Ecco il “segreto” sotto la chiesa:

Ma come… il segreto confessionale… ah. Ho capito.

E qui si potrebbe aprire una interessante ed ecumenica riflessione sulla ragione di questa differente resistenza alla dittatura da parte del clero cattolico e del clero ortodosso… forse c’entra il fatto che un prete celibe è tendenzialmente meno addomesticabile di un prete che “tiene famiglia”?

Dal momento che stiamo parlando di un gioco liberamente ispirato ad una realtà storica, non c’è molto spoiler nella descrizione del finale. Dopo innumerevoli peripezie, il protagonista raggiunge una folla nella capitale, dove assiste al famoso incendio della Biblioteca Nazionale (appiccato per cause misteriose, bruciarono oltre 500.000 libri):

E dunque, impadronitosi di un mecha, dà il suo contributo fattivo al crollo del comunismo, sotto gli occhi inorriditi e le urla furibonde della grassa ma impotente nomenklatura:

Per abbattere finalmente il Muro e correre via libero, accompagnato dal fedele cane robotico, nei titoli di coda dove scorrono le immagini reali della storia:

Claudio Sircliges Menghini

Immagini private dell’autore.

Immagine di copertina Licenza Flickr.

6 risposte a "Fuga dal comunismo: Una riflessione con Black the Fall. #clubcultura #videogiochi"

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